Le Beatitudini in fabbrica? (2003)

In questi anni lo strappo tra la comunità ecclesiale e il mondo dell’imprenditoria e del lavoro non si è ancora completamente ricucito: anzi la ideologizzazione, che sta riprendendosi sia qualche frangia degli imprenditori, sia del sindacato, in nome delle polemiche suscitate dal fenomeno della globalizzazione, sta aumentando sempre di più le incomprensioni con la comunità ecclesiale.
Se tu vai in Chiesa la domenica trovi operai ed imprenditori a volte a Messa insieme: ma la Messa e la vita cristiana è considerata un’”altra cosa” rispetto al mondo del lavoro. Questo è un mondo a parte che ha le sue leggi e le sue contraddizioni: le nostre parrocchie e chi le frequenta fanno finta che ci sia una specie di “apartheid”.
Il Vescovo va in fabbrica con i suoi parroci e va a celebrare la Messa per dire che tra la fabbrica e la Chiesa c’è una continuità: senza la fabbrica la Messa manca di qualcosa e chi ci partecipa, se non porta la sua professionalità come parte della sua vita, non partecipa pienamente alla Messa!
1. Il Vescovo vuole capire sempre meglio: anche per noi cristiani, la fabbrica, come la bottega artigiana o il negozio sono mondi difficili da capire. Il magistero ha detto cose bellissime, ma il popolo di Dio non le conosce perché non le ha considerate rivolte a sé. E così le beatitudini evangeliche sono rimaste fuori. Son così pochi i santi imprenditori! E, a parte i due artigiani Gesù e Giuseppe è difficile trovare santi tra gli operai o le operaie: forse questo Papa ne ha beatificato qualcuno morto ammazzato per la fede in qualche paese lontano o in qualcuna delle tante guerre del secolo scorso!
2. Il mondo dell’imprenditoria e del lavoro sono attraversati da leggi che a volte sono leggi ingiuste: dalla fine del settecento in poi non si contano i conflitti per rendere più umano il lavoro e più intraprendente l’ impresa coniugando profitto e rispetto delle persone. Ma c’è ancora tanta strada da fare. La globalizzazione dei mercati, senza regole, come si sta imponendo in questi ultimi tempi fa sì che, a volte in nome del solo profitto, si chiudano o si trasferiscano produzioni in altri paesi lasciando a piedi operai ed impiegati. I ritmi di lavoro diventano sempre più rapidi, l’inflazione mangia i salari. Gli artigiani ed i commercianti fanno i conti con una competitività sempre più marcata e con tasse sempre più alte (dovute anche a tanta evasione fiscale!) che li costringono a sacrificare, in nome della produttività e dell’efficienza, famiglia, amicizia, tempo libero per il proprio sviluppo personale. Il Vescovo viene a dire una parola forte e chiara perché la persona non sia mai sacrificata: dove si calpesta la persona si calpesta Dio.
3. La Pasqua è il momento forte dell’annuncio cristiano: se Gesù non è risorto, non vale la pena di lottare per un mondo più giusto e più umano. Ma Lui è risorto per riscattare tutta la realtà del mondo dalla schiavitù del peccato. E’ possibile diventare santi in fabbrica, in bottega ed accanto al telaio. E’ possibile diventare santi facendo gli imprenditori, i commercianti e gli artigiani: perché Lui ha aperto la strada.
4. Anche la costruzione della pace non si fa con le marce soltanto. La pace nasce da nuovi rapporti umani tra di noi contrassegnati da giustizia, libertà, solidarietà e verità. Il Vescovo viene ad annunciarli nel nome e nella speranza del Cristo risorto che ha inaugurato “un cielo ed una terra nuova”: e noi uomini che ci diciamo cristiani dobbiamo esserne le avanguardie.
Per questo motivo, anche quest’anno, nella fabbrica della Patelec in Cerrina, dove ci troveremo sabato 12 aprile alle 10.30, la celebrazione della Pasqua non sarà un rito formale, ma una festa di popolo che crede, lotta e spera.

Don Gigi Gavazza
Delegato Vescovile per la pastorale del lavoro

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