Grazie Vescovo!

La sua omelia al Pontificale di S. Evasio è stata per tanti di noi una grande lezione di vita ed una parola liberatrice e consolante.
Non riuscivamo a riconoscerci nelle “piazze” convocate da troppi personaggi “voltagabbana” (anche se oggi c’è chi ne tesse l’elogio!). Non ci sembrava che il nostro posto di cristiani potesse essere lì.
Il nostro silenzio non era, come qualcuno ha affermato, un “ritirarci sull’Aventino”. Come cristiani, non ci siamo mai tirati indietro di fronte alle nostre responsabilità anche pubbliche: il nostro servire i poveri, impegnarci per gli ultimi, pregare nelle nostre chiese per le famiglie tormentate dal dolore e dalla violenza.
Ma facevamo fatica a chi ci chiedeva di “rendere ragione della nostra speranza”: troppo complessa la situazione in cui eravamo precipitati. Anche Lei, nella sua splendida omelia, ha ammesso che “quelle parole erano difficili da dire e le pronunciava con grande sofferenza”.
Ma erano le parole che ci portavamo nel cuore, anche se non sapevamo esprimerle come le ha dette Lei. Ed il fatto che si sia appellato a Gesù, il nostro Signore, e lo abbia fatto nella festa di S. Evasio Vescovo e martire ci ha liberato dal dubbio e dalle paure. Queste parole le dobbiamo dire anche noi e dobbiamo metterle in pratica anche noi.
Ci ha fatto piacere soprattutto perché non ha gridato la disperazione in faccia a nessuno: se la portava nel cuore, come un Padre si porta nel cuore il dolore dei figli. E l’ha detta sommessamente, quasi con pudore. Ma con forza si è appellato alla speranza: la speranza che ha assunto come “arma” del suo ministero nei prossimi anni.
Ieri sera, la Cattedrale, era il nostro Aventino! Ma non l’Aventino di gente arrabbiata e sdegnata che non vuole sporcarsi le mani e spezzarsi il cuore… Anzi era il colle biblico dove il Signore convoca i popoli per costruire la pace, dando fiato alla bontà che c’è nel cuore di tutti ed alla speranza che non dobbiamo lasciare morire.
A chi ci chiede dove siamo noi cristiani e con chi stiamo noi cristiani, adesso possiamo dire con serenità che il nostro posto ce lo ha tracciato Lei: e Lei per primo si è messo in cammino raccogliendo la sfida.
Se Le fa piacere, non la lasceremo sola!

Casale Monferrato, 13 novembre 2001

don Gigi Gavazza
Responsabile Diocesano della Pastorale sociale e del lavoro

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