“…Lo stupore del contadino, che guarda con ammirazione i suoi campi carichi di frutta, dalle mele e dalle uve delle nostre colline agli aranceti dai colori vivissimi, agli argentei olivi che portano fragranza, ai frutti e fiori che sotto le serre crescono nello stupore della natura. Fino al grano che biondeggia e si incurva per il vento che lo accarezza, accanto ai prati che si coprono di greggi”: così i nostri Vescovi introducono la Giornata del ringraziamento, la prima di questo nuovo millennio.
Immagini poetiche, che risentono dei salmi di ringraziamento di una cultura contadini che oggi ha lasciato il campo ai trattori ed i macchinari che hanno ormai reso industriale il settore agricolo.
E tuttavia, ogni anno, i lavoratori della terra sentono il bisogno di andare in Chiesa a ringraziare ed a portare i doni all’altare da condividere con i poveri della parrocchia. E’ una celebrazione antica che giustamente resiste anche al processo di secolarizzazione che pure ha affossato tante tradizioni religiose contadine.
C’è un legame profondo tra il pane ed il vino – frutto della terra e del lavoro dell’uomo – e la Pasqua di Gesù con la Sua vittoria sul peccato, sulla morte. E come se il lavoro dell’uomo trovasse il suo compimento naturale non solo sulla mensa famigliare ma anche sulla Mensa attorno a cui si stringe ogni domenica la famiglia dei figli di Dio.
I Vescovi, a questo proposito, indicano tre sentieri da percorrere perché questo legame non si spezzi: imparare a ringraziare, vivere sobriamente, impegnarsi per la giustizia.
L’opposto del “Grazie” con cui salutiamo il contadino che ha lavorato sotto il sole, il fornaio che di notte ha cotto il pane ed i genitori che lo portano sulla tavola con il loro lavoro è il verbo ricorrente in tante famiglie di oggi: “ voglio… dammi….portami!”. Cioè l’egoismo: ed allora a rimetterci sono quelli che non hanno voce. I poveri!
Ritornare a stili sobri di vita, permetterà che “la fragranza del pane” profumi tutte le mense degli uomini, anche degli ultimi del mondo. Non è cristiano tollerare che da noi si butti il pane nei cassonetti, perché raffermo, e in tante parti del mondo cresca la fame.
Questo vuol dire “ impegnarsi a lottare per la giustizia, l’unica arma che fonda la pace. Cambierà allora il nostro tenore di vita, nel sacrificio e nella sobrietà, globalizzando la solidarietà. Niente spreco, il pane avanzato è raccolto, la mensa si fa parca, la gioia nasce da cose vere. Qualità, non quantità, per tutti, non per pochi” (dal messaggio dei Vescovi).
La nostra Diocesi ha in programma una riflessione proprio su questi temi: la Giornata del Ringraziamento dia il via a questo impegno.
Immagini poetiche, che risentono dei salmi di ringraziamento di una cultura contadini che oggi ha lasciato il campo ai trattori ed i macchinari che hanno ormai reso industriale il settore agricolo.
E tuttavia, ogni anno, i lavoratori della terra sentono il bisogno di andare in Chiesa a ringraziare ed a portare i doni all’altare da condividere con i poveri della parrocchia. E’ una celebrazione antica che giustamente resiste anche al processo di secolarizzazione che pure ha affossato tante tradizioni religiose contadine.
C’è un legame profondo tra il pane ed il vino – frutto della terra e del lavoro dell’uomo – e la Pasqua di Gesù con la Sua vittoria sul peccato, sulla morte. E come se il lavoro dell’uomo trovasse il suo compimento naturale non solo sulla mensa famigliare ma anche sulla Mensa attorno a cui si stringe ogni domenica la famiglia dei figli di Dio.
I Vescovi, a questo proposito, indicano tre sentieri da percorrere perché questo legame non si spezzi: imparare a ringraziare, vivere sobriamente, impegnarsi per la giustizia.
L’opposto del “Grazie” con cui salutiamo il contadino che ha lavorato sotto il sole, il fornaio che di notte ha cotto il pane ed i genitori che lo portano sulla tavola con il loro lavoro è il verbo ricorrente in tante famiglie di oggi: “ voglio… dammi….portami!”. Cioè l’egoismo: ed allora a rimetterci sono quelli che non hanno voce. I poveri!
Ritornare a stili sobri di vita, permetterà che “la fragranza del pane” profumi tutte le mense degli uomini, anche degli ultimi del mondo. Non è cristiano tollerare che da noi si butti il pane nei cassonetti, perché raffermo, e in tante parti del mondo cresca la fame.
Questo vuol dire “ impegnarsi a lottare per la giustizia, l’unica arma che fonda la pace. Cambierà allora il nostro tenore di vita, nel sacrificio e nella sobrietà, globalizzando la solidarietà. Niente spreco, il pane avanzato è raccolto, la mensa si fa parca, la gioia nasce da cose vere. Qualità, non quantità, per tutti, non per pochi” (dal messaggio dei Vescovi).
La nostra Diocesi ha in programma una riflessione proprio su questi temi: la Giornata del Ringraziamento dia il via a questo impegno.
Don Gigi Gavazza, responsabile della pastorale del lavoro
Domenica 11 novembre 2001: Giornata del ringraziamento
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