1 maggio

"O Dio che nella tua provvidenza hai chiamato l'uomo a cooperare con i lavoro al disegno della creazione..."
C'è qualcosa di grande e di misterioso in questa splendida vocazione dell'uomo, che purtroppo il peccato ha offuscato, ma che il Cristo risorto è venuto a restituire alla sua dignità antica. Il lavoro è una vocazione ed un impegno per Dio.

1. Oggi l'uomo ha purtroppo perso questo significato del lavoro: è rimasto il lavoro come strumento per guadagnare e far carriera. L'uomo ed il suo lavoro sono diventati merce da comprare, da vendere e da buttare quando non serve più : la chiamano a volte flessibilità, a volte conseguenza della globalizzazione. Ma l'uomo è prigioniero del lavoro, ne è soffocato o lo vive come una maledizione: Cristo risorto è venuto anche per liberarci da queste catene e ridare all'uomo ed al suo lavoro il senso profondo della collaborazione al disegno creatore.

2. Anche nella costruzione della società, quando il lavoro perde il suo significato "vocazionale" diventa pericolo per l'uomo e per il creato. Nelle piazze di Casale, oggi i sindacati hanno convocati gli uomini del mondo del lavoro per riflettere sulla piaga degli infortuni sul lavoro e per il lavoro (tre morti al giorno in Italia nei primi tre mesi quest'anno: e dicono che stiamo migliorando!) e sulla ricaduta ambientale di una produzione disattenta all'uomo e preoccupata solo della produzione e del profitto (l'amianto a Casale continua a mietere vittime).

3. Nelle nostre comunità ecclesiali occorre che risuoni più frequentemente il Vangelo della liberazione del lavoro dai suoi condizionamenti di peccato: questi discorsi non si sentono nelle nostre chiese e nelle nostre catechesi. Come se parlare di queste cose profanasse il tempio e rubasse i tempi della preghiera e della contemplazione. Ma questo splendido tempio, con lo stupendo nartece che fa comunicare l'assemblea liturgica con la città, la sua gente ed i suoi problemi ci dice che non c'è soluzione di continuità tra la quotidianità del nostro tempo di lavoro ed il "sabato" del riposo e della contemplazione. "il Signore Dio - abbiamo letto nella Scrittura - il settimo giorno completò l'opera della creazione e si riposò". Ci stupisce la strategia pastorale del Figlio dell'uomo, Gesù di Nazareth, che, venuto per annunziare il Vangelo del Regno e per salvare l'umanità, vive per vent'anni la sua quotidianità di lavoratore in oscuro villaggio della Galilea e solo tre anni per la missione e l'annuncio. Anche qui non c'è soluzione di continuità tra la salvezza costruita nel silenzio di Nazareth e proclamata sulle strade della Palestina e sulla Croce.

4. La nostra santità si realizza nella fedeltà responsabile alla vocazione di lavoratori al servizio del disegno della creazione: nelle case, nelle fabbriche e negli uffici non nelle chiese soltanto. Quando la chiesa ignora la vita quotidiana, la contemplazione, la preghiera e l'ascolto della Parola sono una fuga dalla santità. Quando la vita feriale entra nella chiesa, la contemplazione diventa azione. la preghiera impegno e l'ascolto della Parola testimonianza.

5. Oggi tanti uomini, come ieri Tommaso, vorrebbero toccare le sante piaghe del Cristo risorto per credere. Il Cristo risorto vive nella sua Chiesa, nelle sue comunità ecclesiali: solo se l'uomo di oggi, nostro compagno di strada nella vita, incontra in noi e nel nostro impegno le piaghe del Cristo risorto tornerà a credere e a sperare. Non tradiamo le sue attese.

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