Il prete col Vangelo nel cuore

Il mio incontro con Don Gigi avvenne nei primi giorni di agosto del lontano 1961.
In quel tempo abitavo alla “Pontificia” la vecchia caserma militare intitolata a De Cristoforis che dava ospitalità agli alluvionati del Polesine, agli immigrati siciliani e a qualche sfollato “nostrano”.
Ogni giorno, sotto i portici che davano sull’immenso cortile, si radunavano per i soliti giochi, bambini e ragazzi, sembrava un giorno come gli altri, ad un tratto il silenzio cala “nell’arena”, un prete si affaccia all’ingresso della porta carraia; è un giovane prete, con gli occhiali a lenti circolari, un sorriso largo come il suo viso e la talare fino ai piedi. (con quel caldo!!!)
Io che ero un po’ il capo della combriccola, andai verso di lui seguito da altri, più per curiosità che per altro: cosa vorrà mai un prete qui dentro mi domandai, persino la polizia quando cerca qualcuno usa il megafono e lui cammina verso di noi continuando a sorridere.
Arrivato a pochi metri mi fermai e gli chiesi cosa cercasse, lui sempre con il sorriso mi disse che cercava dei ragazzi che avessero voglia di aiutarlo a fare dei
lavori all’oratorio.
Di che genere di lavori gli domandai con un po’ di titubanza, ma egli, continuando a sorridere, mi disse: ho bisogno di ragazzi per far crescere l’oratorio, sai cos’è un oratorio? Certo che lo so risposi, ma a noi non permettono di entrare perché dicono che siamo cattivi e che disturbiamo (eravamo definiti i “pulot d’la caserma”).
Da quel momento, iniziò il mio cammino dietro di lui, mi ha aiutato a superare le crisi amorose tipiche dell’età, mi ha unito a Rita in matrimonio, ha battezzato i nostri figli e domenica 25 luglio è stato con noi per festeggiare il nostro 35° anniversario di matrimonio.
Il rapporto con “Dongi” non si è limitato solo a noi due, la nostra amicizia ha coinvolto le nostre famiglie; genitori, figli, nipoti hanno condiviso le gioie e i dolori di ogni membro di queste famiglie.
I suoi consigli quando sono stato impegnato nel sindacato, quando sono stato chiamato a compiti direttivi sul posto di lavoro, la sua intelligenza, unita alla sua
integerrima disciplina morale sono un grande esempio di profezia del nostro tempo.
Il nostro rapporto si completa quando Dongi torna all’Addolorata come Parroco, alla sua maniera mi chiama ad una più stretta e attiva collaborazione: prima in oratorio e poi nella pastorale Sociale e del Lavoro.
Stando vicino a lui, ho capito quanto egli amava il Signore, quanto accettava le sofferenze che la malferma salute gli riservava, quando gli facevo osservare la stanchezza o il dolore, sempre con il sorriso (quello del primo incontro) mi rispondeva: “Vedi Gianni, tutto quello che abbiamo ce l’ha regalato il Signore, ci ha dato tante cose belle che ci fanno gioire e stare bene ma ci ha dato anche le sofferenze per invitarci a riflettere sulla forza della nostra fede, per farci riflettere sull’amore di un Padre che ha dato il proprio Figlio per tutti noi.
Cosa vuoi che sia un po’ di stanchezza o un po’ di dolore, nei confronti di una persona innocente condannata alla morte in croce?”
Naturalmente le cose non finivano lì, i riferimenti a qualche parabola e a qualche pagina di Vangelo erano d’obbligo e come sempre si finiva con rimettere tutto nelle mani di Dio.
«Ognuno di noi ha ricevuto dei talenti, impariamo a farli fruttare, dobbiamo avere il coraggio di porci al servizio dei più deboli (oggi sono sempre più numerose le nuove povertà - amava ricordare).
Chi ha paura di “sporcarsi le mani” e di compromettere qualche cosa di personale, ritorni a leggere il Vangelo di Cristo e cerchi di confrontarsi.
L’uomo che sceglie di volare basso per paura di cadere, è un uomo che non ha grandi ideali, non sa fare grandi progetti e soprattutto cerca di vivere solo per se stesso: “Stolto non sai che questa notte stessa io ti chiamerò?”».
Grazie Dongi, per tutto quanto ho ricevuto da te in questi anni, avrei voluto che il Signore ti lasciasse ancora tra noi per continuare a collaborare e ad essere una delle tue stampelle, ma Dio che dispone il tempo del nascere e del morire ti ha voluto accanto a sé, a noi restano i milioni di insegnamenti e di esempi di vita cristiana vissuti con il Vangelo nel cuore.
articolo di Gianni Ravera

Nella foto, don Gigi Gavazza insieme alla famiglia Ravera in occasione dei festeggiamenti per il 35° anniversario di matrimonio, celebrato a fine luglio, la settimana precedente della crisi risultata fatale al parroco dell’Addolorata.
Gianni Ravera, autore di questo commosso ricordo, è noto soprattutto come presidente della sezione Alpini di Casale.

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