Il ‘68 di don Gigi

Quarant’anni dopo resta un manifesto di fede, di amore e di integrazione
Invocava il dialogo e metteva in guardia dal fanatismo
Mentre mi accingevo a riordinare il mio archivio, per scrivere una storia degli anni ‘60, forse più come testimone che come storica, trovai una lettera di don Gigi Gavazza.
Scritta a macchina, su carta intestata del Semi­nario, negli anni in cui e­ra Direttore a Casale.
Ho ritrovato nelle due pa­ginette, che ho trascritto qui di seguito, la freschez­za e la spontaneità di uno spirito libero, come egli si è sempre mostrato.
Don Gigi, pur sapendo di rivolgersi ad una contesta­trice intransigente quale ero in quegli anni, non na­scondeva le sue preoccu­pazioni. Con animo profetico invocava il dialogo e metteva in guardia dal fa­natismo. Non divisione, ma discussione per capire e chiarire, anche convinzio­ni radicalmente opposte.
Comunanza di ideali per una società più giusta e liberatrice, senza dimenti­care il grande progetto di Dio sull’uomo nella storia. Penso che, possa essere un “manifesto” di fede an­che per l’oggi, quando si cerca più di dividere che di unire e l’amore per i poveri, gli esclusi di ogni tempo, sembra non esse­re più un segno di distin­zione per il credente.
Le parole del cardinale Martini - dal libro di me­ditazioni, Sulle strade del Signore, Piemme, MI, 1985, p.66, parte della bibliote­ca del donGi - sono illuminanti per comprendere il rapporto tra fede e “ri­voluzione” in quegli anni: Noi chiediamo di saperci, se necessario, privare dei nostri beni per darli ad al­tri, per arricchire i deboli, gli ultimi, i senza voce, così che si giunga ad una sorta di eguaglianza e ad un se­gno vivo di fraternità.
Maria Teresa Gavazza

Carissima Maria Teresa,
Ho ripensato le cose dette domenica scorsa. Non vorrei che ti sia fatta l’i­dea che le cose in cui cre­di ti dividano da me: ché anzi la discussione per­mette,di chiarire le proprie convinzioni. Ciò che tu ed i tuoi amici volete realizzare è nobile - è un ideale per cui vale1a pena di giocare qualche cosa di noi stessi. Ci sono cose che io non approverei, sul piano del metodo più che sul piano ideologico. Stai attenta soltanto a non di­ventare una dogmatica: è facile impazzire per un i­deale che ci è costato molto fino al punto di di­menticare tutti i moltepli­ci aspetti della realtà. I fa­natici sono di tutti i tem­pi: e ciò che ti farebbe sof­frire di più sarebbe per te finire dove non vorresti mai finire, cioè nel fanati­smo. Metti in crisi attra­verso alla riflessione e al dialogo le tue convinzioni. Soprattutto, una cosa mi è rimasta un po’oscura: nel tuo discorso, non ho mai notato un riferimento a Dio. Pensi che il lavorare per migliorare la società
non si inserisce forse nel più profondo e radicale desiderio dell’uomo di "en­trare in comunione con Dio e con i fratelli"? e allo­ra il discorso religioso che posto occupa in queste realizzazioni? Ti dico que­sto perché certi episodi di antireligiosità emersi negli ultimi avvenimenti uni­versitari non penso ti ab­biano trovata consenzien­te. Perché “nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laboraverunt qui aedificant eam”: io credo proprio che in tanto l’uo­mo costruisce la città ter­rena in quanto il Signore lavora con lui, anche se non credente.
Comunque, “inguaribile so­rella” , mentre tu pensi a prenderti a botte con la polizia e ad occupare le Uni­versità, io, novello Mosé, starò sul monte a pregare perché il popolo in lotta rea­lizzi le sue vittorie!
Ciao e saluta i tuoi amici rivoluzionari.
tuo don Gigi

Caro don Gigi,
quanto ci manca la tua profezia che ci aiutava a guardare lontano, nel cuo­re di Dio; e vicino, nel cuo­re degli uomini!
Ero affascinato per quello che dicevi e per quello che facevi, per la forza d’ani­mo che ti sosteneva nono­stante tanti problemi di salute.
Quando parlavi del “mio Signore” c’era la fede ar­dente, del sacerdote sag­gio e maturo che aveva conservato il cuore di fan­ciullo. I tuoi consigli veni­vano dall’esperienza e dal cuore. Sono quasi tre anni da quando ci hai lasciato e penso che la strada dove tu cammini è bella, con grandi orizzonti, vedute meravigliose e una gioiosa speranza.
Anche dal Cielo ci segni ancora la strada e ci dai forza e coraggio. Ci fa be­ne ripensare alla concretezza della tua visione di­sincantata e fedele, al tuo amore per la Chiesa, alla dedizione per i piccoli, i poveri, gli umili. Grazie.
d.p.

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