Attento agli immigrati, ai poveri, ai giovani

Sulla figura di don Gigi Gavazza, pubblichiamo un ricordo di don Paolo Busto.
Don Gigi, da quattordici anni parroco della Parrocchia dell’Addolorata e sacerdote di grande carisma della Chiesa casalese, lascia un grande vuoto per i quattromila parrocchiani e in tutti quelli che l’hanno conosciuto ed amato.
Aveva una personalità gioiosa e impegnata, attento ai poveri, agli immigrati e ai
giovani. Tutto scaturiva dal grande amore per Gesù Cristo, che nelle sue affascinanti omelie chiamava “il mio Signore”.
Appena ordinato sacerdote, il 29 giugno 1961, lo aveva voluto come viceparroco il nuovo parroco dell’Addolorata don Giuseppe Debernardis; don Gigi restò fi no alla morte prematura di don Giuseppe, avvenuta il 14 giugno 1967 e poi come economo spirituale fino all’arrivo del nuovo parroco don Pietro Palena.
Dall’ottobre 1966 fu direttore del Seminario Minore e direttore dell’Opera Diocesana delle Vocazioni e dal 1971 professore di Religione al Liceo Scientifi co.
Dal 29 novembre 1973 divenne direttore del Centro Giovanile Diocesano.
Il 6 agosto 1975 venne nominato direttore del Centro Pastorale per la Famiglia, subentrando a don Severino Poletto che ne era stato il fondatore.
Il 1° settembre 1976 era nominato parroco di Santo Stefano, subentrando a don Ettore Rossi e il 1° ottobre 1990 parroco dell’Addolorata subentrando a don Pietro Palena che era nominato Rettore del Seminario.
Dalla costituzione delle Aree Pastorali, l’11 settembre 1996 mons. Zaccheo lo
aveva nominato Responsabile dell’Area 3 per l’impegno Socio Politico e coordinatore per i problemi sociali e del lavoro.
Don Gigi aveva portato con sé a Santo Stefano i genitori: il papà Riccardo con la
mamma Clotilde e la sorella Rosa. Dopo appena un mese moriva la mamma. Il papà, nonno Rik, carabiniere in pensione, divenne il factotum della parrocchia, che lasciava solo qualche pomeriggio per andare a giocare a bocce con gli amici a San Domenico. Nonno Rik morìnel 1986.
La sorella Rosa che da trent’anni ha seguito don Gigi per aiutarlo nella parrocchia, lasciando anche l’insegnamento alla scuola materna, è la prima. Poi c’è l’ultima sorella, Maria Teresa con due nipoti di cui don Gigi era molto orgoglioso, Elisa e Manuela.
Qualche mese fa era nata una pronipote, Marisol, che don Gigi avrebbe battezzato in settembre alla festa dell’Addolorata.
Don Gigi ha lavorato in profondità sulle persone e con esse ha potuto fare molto; in questi anni ha provveduto a ingenti restauri alla Chiesa, impianto elettrico, oratorio.
Ma ne parlava poco. Soprattutto parlava di Dio, ascoltava le persone, aiutava i poveri, i tanti immigrati albanesi e marocchini. Per questo è stato tanto amato.
Era profondo nelle analisi, equilibrato nei giudizi.
Aveva il senso dell’accoglienza per i tanti poveri che bussavano alla sua porta, per tutti quelli che gli chiedevano un consiglio o l’aiuto economico.
Profondo conoscitore della Teologia morale, è stato anche per molti un bravissimo direttore spirituale.
E’ sempre vissuto poveramente, ma con il senso del bello per la sua chiesa. Di lui hanno un profondo e affettuoso ricordo, oltre ai parrocchiani, gli studenti e gli insegnanti dello Scientifico, i giovani di trent’anni fa del Centro Giovanile e tutto il mondo del lavoro che seguiva con attenzione costante, appassionata ed ora con molta preoccupazione.
Da dieci anni la salute di don Gigi era molto compromessa, prima per un gravissimo infarto, per cui il cuore praticamente funzionava a metà, poi per l’insorgenza del diabete, acuito probabilmente dai farmaci, infine per una grave forma di artrite reumatoide che ultimamente gli rendeva diffi coltoso scrivere e perfi notenere la pisside quando celebrava la messa.
Due anni fa aveva anche dovuto farsi operare per inserire una protesi all’anca e questo gli aveva ridotto la mobilità.
Ma lui non si è mai arreso. Invece che in bicicletta girava per la parrocchia con un triciclo, aveva fatto installare in casa il montascale, ha disposto il presbiterio in modo da non dover fare gradini. E poi non si è mai risparmiato. Non ha mai trascurato la visita ai malati, le celebrazioni, l’attività di parroco. Da qualche mese aveva avuto un viceparroco e questo lo aveva molto rasserenato.
Vedevamo la sua sofferenza, la sua difficoltà nel camminare, ma lui non si lamentava mai. Si era fatto prete per portare il Vangelo e tutto il resto veniva dopo. In una parola, si è consumato come una candela sull’altare, seguendo l’esempio del “suo Signore”, che è venuto per servire e non per essere
servito.
Don Gigi Gavazza è stato un luminoso esempio di sacerdote, che ha fatto tanto bene e la cui memoria resterà in benedizione con i parroci dell’Addolorata che lo hanno preceduto nell’ultimo secolo: don Buzio, don Giuseppe Palena, don Giuseppe Debernardis e don Pietro Palena.
Gli amici e i famigliari hanno chiesto di non portare fiori, ma di raccogliere offerte per un fondo che porterà il suo nome e servirà per dare continuità all’insegnamento di don Gigi con l’aiuto ai poveri, agli immigrati, ai giovani lavoratori.

articolo di don Paolo Busto

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